Ken Loach, Gran Bretagna/Francia/Belgio 2016, 104' - da 12 anni
con Dave Johns, Hayley Squires, Dylan McKiernan, Briana Shann, Kate Rutter, Sharon Percy, Kema Sikazwe
in collaborazione con il Locarno Festival
introduzione da parte di un responsabile del Locarno Festival
Daniel Blake, 59 anni, deve richiedere un sussidio statale in seguito a una crisi cardiaca che non gli permette di lavorare. Mentre combatte con le pratiche necessarie per gli assegni conosce Katie, giovane madre single che non riesce a trovare lavoro. Entrambi impigliati nella rete della burocrazia sviluppano un legame d’amicizia e si danno coraggio mentre tutto attorno a loro sembra troppo complicato.
Sinossi
Il 59enne Daniel Blake ha lavorato per la maggior parte della propria vita a Newcastle come falegname. A seguito di un infarto, ha bisogno di assistenza da parte dello Stato e fa domanda per il sussidio di disoccupazione per malattia. Mentre combatte con le pratiche necessarie perché gli sia assegnato, il suo cammino si incrocia con quello di una madre single, Katie, e dei suoi figli, Daisy e Dylan, che per non stare in un ostello per senzatetto a Londra devono trasferirsi in un appartamento a 480 km di distanza. Daniel e Katie vagano in una terra di nessuno, impigliati fra gli ingranaggi della burocrazia dello stato sociale.
Approfondimento
Dire il proprio nome. Con questa semplice azione si apre e si chiude l’ultimo film di Ken Loach. Come se nulla più del nome fosse rimasto ai lavoratori cui il regista inglese ha dedicato la sua opera.
Daniel Blake porta un nome da profeta e lo stesso cognome del visionario poeta e incisore settecentesco. Nonostante le apparenze è un uomo dolce e affidabile come il legno che ha lavorato per tutta la sua vita. Costretto all’inattività da problemi cardiaci, è intrappolato negli assurdi ingranaggi della cassa malati; in una sala d’attesa incontra una giovane madre a cui presta aiuto fino a diventarne amico. Il sistema previdenziale con cui i due devono interfacciarsi sembra uscito da un romanzo di Kafka, se non che nella mente dello scrittore di Praga i formulari e gli uffici senza personale erano fini a se stessi, mentre subappaltare la cassa malati ad agenzie esterne è un chiaro tentativo, da parte delle amministrazioni comunali, di estromettere chiunque non sia al passo con i tempi.
Retto da una sceneggiatura di ferro scritta dal fedele Paul Laverty, il film propone una discesa negli inferi del XXI secolo, dove tutte quelle piccole certezze accumulate passo dopo passo (la casa, gli arredi, gli abiti) si vedono sgretolate. Di fronte a una storia che calca i toni, Loach opera per sottrazione, chiedendo ai suoi attori di tenere dentro di sé tutta quella rabbia e quel dolore che esploderanno a tempo debito. Anche la messa in scena è di una sobrietà ammirevole: in fondo è proprio il modo in cui Loach guarda e ci presenta i suoi protagonisti a farne degli eroi loro malgrado – ovvero delle persone che si ha voglia di ammirare, di abbracciare e di difendere. Quasi a far sì che quell’io del titolo diventi, una volta usciti dalla sala cinematografica e confrontati con il corso della vita, un più rassicurante noi.
Ken Loach, regista impegnato
Nato nel 1936 a Nuneaton (Inghilterra), Ken Loach debutta come attore, per poi entrare alla BBC nel 1963, diventando uno dei pionieri della fiction basata su avvenimenti reali. Nel 1967 gira Poor Cow, il suo primo lungometraggio. Ottiene la consacrazione internazionale con Kes (1969) e Family Life (1971), che vince il Premio della Giuria dei giovani a Locarno. Vince due volte la Palma d’oro a Cannes grazie a Il vento che accarezza l’erba (2006) e a I, Daniel Blake (2016). Dal 1972 il regista viene più volte a Locarno. Nel 2003, durante la consegna del Pardo d’onore, Piazza Grande gli riservò una delle standing ovation più lunghe della storia del Festival. I, Daniel Blake, proiettato in Piazza Grande nell’agosto 2016, ha riscosso il Prix du Public.
Figlio di operai, cresciuto nel pieno delle difficoltà degli anni della Seconda guerra mondiale, Ken Loach nei suoi film ha sempre descritto personaggi marginali, che stentano a condurre una vita dignitosa. Politicamente impegnato, denuncia anche in questo film il sistema sociale britannico e più in generale una società in cui la tecnocrazia e il liberismo schiacciano l’individuo. Contro tutto ciò Ken Loach ribadisce instancabilmente il diritto alla dignità di ogni persona.
(Sinossi e testo di Carlo Chatrian ripresi da Locarno Festival 2016)