Hany Abu-Assad, Palestina 2015, 105'
Con: Qais Atallah, Hiba Atallah, Tawfeek Barhom, Ahmed Qassim

Gaza è considerata una prigione a cielo aperto perché è molto difficile uscire o entrare in questo territorio grande meno del Sottoceneri e abitato da circa 2 milioni di persone. Per chi vive in questa situazione è possibile arrivare al successo. Il caso di Mohammed mostra che se si ha talento e una grande forza di volontà il successo non è impossibile.

Sinossi

Gaza, 2012. Mohammed e sua sorella Nour, insieme ai loro migliori amici Ahmad e Omar, fanno musica, giocano a calcio e hanno il coraggio di sognare in grande. La loro band è alla buona, utilizzano vecchi strumenti musicali, ma nonostante tutto hanno grandi ambizioni. Mohammed e Nour desidererebbero cantare un giorno all’Opera Hall del Cairo in Egitto e per arrivarci sarebbe necessaria una vita intera, ma Mohammed scoprirà che per alcuni sogni vale la pena di lottare. Nel frattempo deve studiare e per pagarsi gli studi universitari Mohammed canta ai matrimoni e fa il tassista e dentro di sé sa che la sua voce potrebbe portare gioia al suo popolo, da anni inascoltato. Una sera sente in tv che i provini per “Arab Idol”, il contest più popolare nel mondo arabo, si svolgono al Cairo ma i confini sono chiusi. Mohammed vorrebbe partecipare ma non gli è consentito varcare il confine. Sembra non esserci via d’uscita, ogni strada sembra sbarrata eppure la voglia di realizzare un sogno di libertà è più forte di ogni ostacolo...

Approfondimento

La vicenda che seguiamo nel film, in gran parte vera, come ci dice la didascalia iniziale, ha come ambientazione la città di Gaza. In realtà è stato girato a Jenin perché il regista non ha avuto i permessi per girare a Gaza, ma Hany Abu-Assad ha voluto che l’ambientazione fosse comunque Gaza, dove sono nati davvero i protagonisti della storia. Questo dato non è irrilevante, anzi Gaza è uno degli elementi caratterizzanti la storia perché se quegli stessi bambini fossero nati in un’altra città, ad esempio europea, tutto quello che vediamo nel film, non avrebbe avuto la stessa importanza, la stessa enfasi. Da noi ci sono moltissimi ragazzi e ragazze che partecipano a contest di tutti i tipi e per quanto alcuni di loro possano avere migliaia di fan, la loro vittoria ha un valore per se stessi e per le loro famiglie, insomma è un fatto privato anche se il contest viene trasmesso in tv o avviene per mezzo dei social. Non è così se vivi a Gaza o in qualche altra città di quella parte di terra che una volta si chiamava Palestina. Il film ce lo dice in tutti i modi, sin dall’inizio. I bambini che parlano continuamente di sogno da realizzare, la determinazione che hanno nel riuscire a fare quello che desiderano in una città dove in qualsiasi punto guardi, vedi case distrutte, strade non agibili, povertà, persone mutilate, militari. I ragazzini ci appaiono spensierati, uniti, a loro modo felici ma il palcoscenico su cui si muovono è terribilmente desolante e noi ci chiediamo come sia possibile crescere in una città in cui ogni movimento è controllato dai militari, in cui non si può andare al di là del lungo ferro spinato che “imprigiona” la città come se fosse un carcere a cielo aperto, nonostante il mare. Ci troviamo in un territorio in cui le corse in bicicletta dei ragazzini sono interrotte dai muri di filo spinato di un esercito straniero.

In un contesto perenne di guerra e sopraffazione, il sogno dei ragazzini non può ridursi a sogno privato ma si fa necessariamente sogno collettivo e la voce di Mohammed diventa il grido di dolore, il bisogno di libertà mai conosciuta, la condanna dell’esclusione e dell’apartheid... semplicemente la voglia di vivere. Per Mohammed partecipare e vincere quel concorso così seguito da tutto il mondo arabo, non è un gareggiare per se stesso, ma significa portare sotto i riflettori la propria condizione di prigioniero senza mai aver commesso reati, significa riportare l’attenzione dei media su una città e su un popolo oppresso e dimenticato dalla comunità internazionale, significa dimostrare di voler essere felici e liberi come qualsiasi altro popolo. Significa reclamare la necessità di riavere uno Stato e che sia governato dai suoi cittadini. «L’unico concorrente di Gaza» dice la giuria, frase che ci fa comprendere l’eccezionalità della sua presenza. Certo la sua voce non manderà via le guerre, non risolverà i problemi, ma farà sentire più viva la sua gente, offrendo la speranza di continuare a resistere.

Diventando famoso, Mohammed potrà diventare il megafono della questione palestinese, così ignorata nel resto del mondo e soprattutto potrà spingere il proprio popolo a sperare, a chiedere di più, a sorridere, a non farsi rubare i sogni, nonostante le bombe, nonostante i muri, nonostante la povertà e l’indifferenza generale.

La storia vera di Mohammed Assaf

L’incredibile storia vera di Mohammed Assaf sfida ogni convinzione. Il rifugiato palestinese di Gaza, nato nel 1989, ha conquistato i cuori di un’intera regione quando ha partecipato al concorso canoro Arab Idol (la versione araba di The Voice), nel 2013.Per una notte Mohammed è diventato un simbolo di pace e possibilità. Cresciuto nella prigione urbana di Gaza, per pagarsi gli studi universitari ha cantato ai matrimoni e guidato un taxi. Durante l’occupazione e l’assedio ha perso i suoi amici e i suoi cari. Ciò nonostante, non ha mai perso la speranza, e questo è quello che ha fatto la differenza.

Contro ogni probabilità riesce a scappare da Gaza, e cerca di raggiungere il Cairo per le audizioni di Arab Idol. In realtà arriva in ritardo, e senza il numero di prenotazione necessario per presentarsi, rischiando così di non riuscire ad iscriversi. Ma Mohammed non accetta una risposta negativa, così sorpassa la sicurezza e riesce a entrare all’interno della hall dell’Hotel. Quando inizia a cantare, la sua performance commuove tutta la sala d’attesa e in particolare un altro giovane artista palestinese, che gli cede il proprio numero dandogli così la possibilità di esibirsi. Il resto è storia.

Spunti didattici

1. Chi sono i bambini raccontati nel film? Come vivono e cosa sognano? 

2. È facile per loro realizzare il proprio sogno? 

3. Quali sono i principali ostacoli? 

4. Descrivi la città in cui vivono. Cosa ci mostra il regista? Cosa ci suggerisce una città piena di macerie? 

5. Quale significato ha la scena in cui Mohammed ha una crisi di panico? Cosa lo preoccupa davvero? 

6. E tu hai un sogno che vuoi realizzare? Per te è facile, difficile o impossibile? Quali ostacoli pensi di trovare? Confronta le tue risposte con quelle dei tuoi compagni di classi e discutetene insieme. Può essere che ciò che ti sembra un ostacolo importante sia in realtà qualcosa di più semplice da affrontare.